Cos’è il microclima? Nell’accezione generale con il termine “microclima” si intende una gamma di parametri fisici che caratterizzano gli ambienti di vita e di lavoro, e che determinano il “benessere termico” dei lavoratori.
I fattori principali che determinano il microclima sono la temperatura, l’umidità relativa, la temperatura media radiante e la velocità dell’aria. Tali parametri modificano la percezione dell’ambiente in esame da parte dei lavoratori ed è sul loro controllo che si possono indirizzare le strategie tese al miglioramento del comfort e stress termico negli ambienti di lavoro.
Ai parametri climatici si aggiungono poi i parametri individuali, quali l’attività metabolica correlata al compito lavorativo e la resistenza termica del vestiario, determinata dalle caratteristiche dell’abbigliamento indossato.
Il microclima è un agente di rischio da valutare?
Con l’emanazione del D. Lgs. 81/2008 il microclima è stato riconosciuto come agente di rischio fisico.
L’art. 181 specifica che la valutazione del rischio di tutti gli agenti fisici deve essere effettuata in modo tale da “identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione” con “particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi”.
Inoltre, l’art.63 (Requisiti di salute e sicurezza) del D. Lgs. 81/2008 richiede la conformità dei luoghi di lavoro all’Allegato IV (Luoghi di lavoro), il quale, ai punti 1.9.2 e 1.9.3, si occupa di temperatura e umidità dei locali.
Estratto dell’Allegato IV – punti 1.9.2 e 1.9.3.
1.9.2. Temperatura dei locali
La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti.
La temperatura dei locali di riposo (…) deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.
(…)
1.9.3 Umidità
1.9.3.1 Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l’aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura e l’umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche.
Inoltre, sono presenti diverse norme tecniche di riferimento a seconda del tipo di ambiente termico da valutare.
Quando è obbligatorio effettuare una valutazione del rischio microclima?
Dal momento che esistono ambienti di lavoro in cui è impossibile, in virtù delle caratteristiche stesse del lavoro, il raggiungimento di condizioni di comfort, gli ambienti di lavoro vengono suddivisi in “vincolati” e “moderabili”. Gli ambienti vincolati possono presentare clima severo caldo o clima severo freddo.
Gli ambienti termicamente moderabili sono ambienti nei quali non esistono vincoli in grado di pregiudicare il raggiungimento di condizioni di comfort. Se non esistono vincoli, nell’ambiente di lavoro sono realisticamente perseguibili le condizioni di comfort e il microclima deve essere valutato in un’ottica di perseguimento del comfort, ai sensi dell’Allegato IV del D. Lgs. 81/2008.
Al contrario gli ambienti termicamente vincolati sono quegli ambienti nei quali esistono vincoli, in primo luogo sulla temperatura e sulle altre quantità ambientali, ma anche sull’attività metabolica e sul vestiario, in grado di pregiudicare il raggiungimento di condizioni di comfort.
Gli ambienti di lavoro che possono presentare microclimi severi caldi sono quelli legati alle lavorazioni all’aperto d’estate quali cantieri, cave, o le attività connesse all’agricoltura; più in generale bisogna considerare le attività svolte in sotterraneo ed in miniera, le industrie ove si effettuano lavorazioni a caldo di metalli (fonderie, acciaierie) o di altri materiali, come nel processo di vulcanizzazione della gomma siliconica, o nella produzione di ceramica, sanitari, stoviglieria, laterizi.
Quando l’ambiente termico è “vincolato” deve essere valutato in un’ottica di tutela della salute. Tali ambienti sono disciplinati dal Titolo VIII del D. Lgs. 81/2008, e precisamente dal capo I, articoli 180 – 186.
Esiste una temperatura alla quale i lavoratori possono rifiutarsi di lavorare?
Il D. Lgs. 81/2008 sancisce che la temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
La normativa, dunque, non stabilisce temperature minime o massime degli ambienti di lavoro, ma vige l’obbligo, per il datore di lavoro, di effettuare una valutazione del rischio.
Nel caso in cui vi sia una condizione di pericolo, dovuta all’eccessivo calo o innalzamento delle temperature degli ambienti, il lavoratore può e deve segnalare al proprio responsabile (preposto, dirigente o datore di lavoro) la situazione riscontrata nel luogo di lavoro.
Quali sono le misure di prevenzione e protezione dal caldo che possono essere adottate in ambienti di lavoro vincolati a clima severo caldo?
Un lavoratore che è esposto ad un microclima severo caldo può incorrere in patologie associate alle alte temperature ambientali (colpi di calore, disidratazione, crampi, ecc.); è pertanto dovere del datore di lavoro, dopo una attenta valutazione del rischio adottare misure di prevenzione quali:
- Fornire ai lavoratori tutte le informazioni sul rischio, sui possibili danni e sulla loro gravità, sui sintomi di allarme, sulle misure di prevenzione adottate e sui comportamenti di salvaguardia da tenere.
- Per quanto riguarda le lavorazioni svolte all’aperto, occorre articolare il turno di lavoro in maniera tale da evitare di lavorare nelle fasce orarie 11,00 – 15,00 (12,00 – 16,00 con l’ora legale), quando le radiazioni solari UV sono più intense e la temperatura ambientale è più elevata; in tali ore si devono privilegiare compiti in ambienti coperti, fissi o provvisionali.
- Modificare gli orari di lavoro, sfruttando le prime ore del mattino.
- Prevedere una rotazione dei compiti lavorativi alternando, nel turno di lavoro, attività all’aperto e al chiuso, e attività al sole con attività all’ombra.
- Al di sopra dei 30°C è bene effettuare una pausa di almeno 5 minuti per ciascuna ora di lavoro in un luogo fresco e ombreggiato.
- Quando si superano i 35°C, o i 32°C in caso di clima afoso (umidità relativa superiore a 75%), occorre incrementare la pausa di 15 minuti ogni ora.
- Quando si lavora a temperature comprese fra i 25°C e i 30°C occorre assumere liquidi in quantità sufficiente, in modo da reintegrare quanto perso con la sudorazione, preferibilmente acqua potabile o tè leggermente dolce, evitando bevande alcoliche o molto zuccherate.
- Al di sopra dei 35°C (o anche meno in presenza di afa) è bene assumere come minimo 3-5 decilitri di acqua 2-3 volte ogni ora. I liquidi devono essere assunti prima che si faccia sentire la sete.
- La somministrazione di acqua deve essere accompagnata da sali minerali persi con la sudorazione, in particolare sodio e potassio.
- Negli ambienti di lavoro caratterizzati dalla presenza di forti sorgenti radianti, si possono realizzare apposite barriere e schermi per evitare o limitare l’esposizione dei lavoratori alla radiazione infrarossa, compatibilmente con le esigenze del ciclo lavorativo.
- Nelle lavorazioni all’aperto, quali quelle di cantiere, si può limitare l’esposizione nei mesi caldi fornendo strutture e dispositivi per ottenere zone d’ombra e ridurre l’esposizione alle radiazioni solari.
- È necessario prevedere nell’area di lavoro una fonte di acqua potabile diretta.
Infine, il D. Lgs. 81/2008 all’Allegato IV dispone che: “quando non conviene modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione”. Vi sono numerose norme tecniche che forniscono indicazioni sui DPI (Dispositivi di protezione individuale) da utilizzare negli ambienti severi caldi.
(Fonte Inail)
Cosa può fare Soluzioni Srl per la tua azienda
Per supportare il datore di lavoro nella valutazione del microclima Soluzioni Srl può svolgere le seguenti attività:
- Mappare le aree aziendali in riferimento al microclima
- Individuare, anche attraverso misure strumentali, eventuali ambienti microclimatici vincolati, produttivi e assimilabili
- Individuare, attraverso il coinvolgimento di lavoratori e preposti,ambienti microclimatici che, seppur moderati (indoor), possono costituire fonte di discomfort per i lavoratori
- Associare le aree microclimatiche aziendali alle mansioni
- Redigere il documento di valutazione dei rischi da microclima
- Coinvolgere il medico competente per individuare i rischi e le misure di prevenzione e protezione più idonee a ridurre il rischio
- Formare i lavoratori sui rischi derivati dal lavoro in microclimi vincolati, produttivi e assimilabili e sulle misure di prevenzione messe in atto dall’azienda per eliminare o ridurre i rischi (organizzazione del lavoro, procedure)
- Collaborare con i RSPP/ASPP nella stesura delle procedure aziendali come misura di prevenzione dei rischi per la salute.
- Collaborare con il datore di lavoro, il RSPP e i preposti per rispondere alle richieste dei lavoratori relativamente al microclima
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